Quell’anima fotografica che…

di Maurizio Rebuzzini

Roger Corona interpreta la sua fotografia seguendo l’esempio di straordinarie personalità (non italiane, va rilevato), che non erigono barriere di divisione e separazione tra la professione e la ricerca espressiva individuale.
In questo, e con questo, è perfettamente cosciente e consapevole che non esistono confini da superare, ma che, se non è proiettata verso la conoscenza, ogni esperienza della vita è ampiamente inutile e superficiale.
La fotografia professionale di Roger Corona attinge dalle sue ulteriori ricerche fotografiche non commissionate, così come, con percorso analogo di andata-e-ritorno, la sua fotografia espressiva e creativa, svincolata dalla professione, raccoglie quanto offrono (in esperienza e educazione visiva) le sessioni professionali.
Senza soluzione di continuità, quella di Roger Corona è, nel complesso, fotografia (in conclusione adotteremo la Maiuscola): non importa se realizzata su sollecitazione individuale o per assolvimento di incarichi professionali.
Tanto che, il suo portfolio non sottolinea alcuna distinzione; ma, al contrario, puntualizza una costante linearità, gradevole e gradita a coloro i quali osservano le sue immagini, compiacendosi del loro smalto.

Due le linee conduttrici della sua ricerca fotografica personale, che accompagna i momenti espliciti del mestiere, accostandoli: da una parte, una intensa rappresentazione della figura; dall’altra l’allineamento creativo con azioni ed espressioni dell’arte pittorica.

Come annotato dall’autorevole storica e critica della fotografia Giuliana Scimé, in riferimento ai suoi nudi, maschili e femminili lo stesso fa: “Roger Corona evita brillantemente le trappole di una fotografia insipida, o, peggio ancora, volgare […]. È la luce, sapientemente modulata, che riscatta la forma e scioglie le asprezze delle muscolature, mette in rilievo l’armonia della forza. […]

Il suo gesto (fotografico) è volontà di vita, affermazione della propria esistenza” (nel capitolo Specchio della voluttà – Il nudo, in Il fotografo mestiere d’arte; Il Saggiatore, 2003).
Questa è una proiezione verso l’alto, che certifica lo spessore e valore della ricerca fotografica di Roger Corona.
Tradotta nel quotidiano della creatività, questa rilevazione certifica come il riconoscimento della sua azione produca immediatamente l’apprezzamento, cui consegue l’ammirazione.

La posa, la costruzione fotografica cosciente, ha profondi debiti di riconoscenza con il gesto consapevolmente artistico, che si esprime con il più puro e diretto dei linguaggi della stessa fotografia: la luce.

Ciò che la fotografia raffigura non è sempre e soltanto ciò che anche rappresenta, che si proietta altrimenti. La luce fotografica di Roger Corona invita a dimenticare il cervello, per ascoltare il cuore.
E se questa non è Fotografia, Maiuscola consapevole e volontaria, ditemi voi cosa altro è.

Milano, Agosto 2008