FEMMES EXTRÊMES

A cura di Giuliana Scimé

Nel numero di ottobre del 1993 la rivista francese Photo pubblicava un portfolio dal titolo “Les femmes de l’extreme”, ma il sottotitolo era la vera chiave: “Les stars du porno comme vous ne les avez jamais vues!”. Il punto esclamativo era d’obbligo per caricare d’enfasi la straordinaria scoperta. E quale era la scoperta della rivista?

Che Roger Corona aveva ripreso le pornodive più apprezzate internazionalmente evitando con cura (come è nella sua spontaneità creativa e nella riflessione professionale) la volgarità, tenendo tesa però l’evanescente linea di confine tra erotismo e pornografia.
Urgono alcune considerazioni che coinvolgono la fotografia, la fotografia di nudo, la fotografia erotica ed infine certi atteggiamenti, o scelte, delle riviste di fotografia. Quel numero di Photo è ricchissimo di erotismo – e non meraviglia che questa è la tendenza principe della rivista, ciò che meraviglia è il concetto “due pesi due misure”, per dirla con un vecchio adagio.

Un servizio su Karine, aspirante top-model, nuova scoperta di Johnny Hallyday e fotografata da Graham Shearer; un’altra aspirante top, Helena, messa in posa dal rampante fotografo belga Alain Daussin, ed infine le donne dell’estremo di Corona completano la sezione erotismo femminile.
Per le due top models l’aggettivo sexy si spreca, per le pornodive un’etichetta le inchioda nell’album dei viziosi “queste creature che praticano la sodomia come altre si dedicano al lavoro a maglia o alla filosofia”.
C’è da morire dal ridere, non tanto per i golfini e la raffinatezza dell’esercizio intellettuale, ma per la distorsione mentale del buon borghese, e la volontà di distorcerla. Karine e Helena, le due purissime modelle, si presentano davanti all’obiettivo con un’impudenza che non lascia nemmeno più senza fiato, tanto siamo abituati a tutto, mentre le professioniste del sesso cinematografico recitano se stesse con semplicità di atteggiamenti.
E le testimonianze scritte che quest’ultime ri-lasciano a Roger Corona sono la riprova della loro autenticità e della saggezza del fotografo. La provocante e la provocatoria, la belva scatenata del sesso, Milly D’Abbraccio scrive: ” Se la vita è movimento. Se il mio movimento è stata vita. Il tuo obiettivo è stato in quell’attimo lo specchio della mia anima e del mio sesso. E se tutto questo è stato passione le nostre foto saranno immortali. Con tanto kiss sesso!”.
E’ tenera e fragile questa Milly che coinvolge la vita davvero in termini filosofici e ci aggiunge quella parolina “sesso” talmente fuori contesto da rivelare l’obbligo di mantenere comunque un ruolo. Ed è forse la necessità di mantenere il ruolo che deve avere sconvolto l’approccio esibizionistico davanti all’obiettivo della macchina fotografica di Corona se in tutte le dichiarazioni riecheggia un liet motiv: emozione e sorpresa, da parte di donne che della pornografia hanno fatto un mestiere e davanti ad occhi nudi e cineprese.
Insomma, in queste fotografie vi è stato uno scambio di maschere fra persona e personaggio, esattamente all’inverso di ciò che avviene nei servizi fotografici sulle aspiranti top models, attricette ecc. che invadono riviste di ogni genere.

Corona ha puntato sulla “persona” che è scaturita dal “personaggio”. Non è che queste siano immagini per adolescenti – che tanto ne sanno una più del diavolo solo gettando uno sguardo agli espositori delle edicole – e che non sono dissimili da tante fotografie di nudo “d’autore” ed i nomi e le immagini si rincorrono nella memoria: il grande Stieglitz con le violente pulsioni erotiche nel ritrarre Georgia O’Keeffe; Weston fra dune, terrazze e languidi abbandoni, Jean Loup Sieff e la passione efebica; le suggestioni ambigue della Jonesco; Newton e le femmine fatali; Hosoe e la sapienza della forma e del suggerimento evocativo; la voluta distorsione di Kertesz; la maliziosa insinuazione ingenua di Saudek… trovano una corrispondenza nelle fotografie di Roger Corona che non imita di certo, anzi elabora con la propria creatività l’intera cultura della fotografia.
Ed in particolare, quel suo recitatissimo sadomasochismo, talmente non violento e ben strutturato nell’impianto grafico da ammaliare per l’eleganza delle linee, è un’invenzione visuale che non trova riscontro in nessun altro autore.

Allora, bisogna spostare il punto di osservazione, ripulendoci da pregiudizi e preconcetti.
Le pornodive sono il soggetto, scusa ed espediente per la narrazione visuale e non.
Forse quando l’idea si è formulata, Corona è stato spinto da una curiosità, ma tutto ciò che si crea e si scopre è l’indagine determinata e cosciente di una curiosità d’impulso.
Di certo, Corona con le sue donne ha prodotto in fotografia un lavoro da considerare con molta attenzione e rispetto per la straordinaria qualità di immagine.
Una ricerca sul nudo, sul corpo, sulla vitalità femminile – così ricca di misteriosi messaggi da scoprire e che mai saranno interamente rivelati – che apporta un nuovo contributo estetico alla sapienza della rappresentazione.

Milano, Settembre 1994